Raffaella Salato: mostra personale Della declinante ombra, Museo Carlo Bilotti, Roma – Catalogo De Luca Editori d’Arte 2019
SOSPESO TRA IL VENTO E LA TERRA
«V’è un’ineffabile eloquenza nel vento,
e una melodia nel corso dei ruscelli
e nel mormorio delle canne sulle loro sponde,
che per la sua inconcepibile relazione
con qualcosa entro l’anima nostra,
desta gli spiriti a una danza di smarrita estasi»
PERCY BYSSHE SHELLEY
Della declinante ombra è un volo, enigmatico e a tratti crepuscolare, attraverso l’universo poetico di Vincenzo Scolamiero, sintesi in perenne divenire tra la natura e lo spirito, tra il tangibile e l’etereo, tra l’immanente e l’astratto.
Gli stilemi cari a Scolamiero, mutuati dal mondo campestre, dotati di una grazia bucolica d’altri tempi ma perfettamente contemporanei nella loro iconicità, sono riconoscibili lungo tutto il ciclo delle opere – un’accurata selezione di carte e quadri di varie dimensioni, che va dal 2015 al 2019, con inediti creati appositamente per l’occasione – presenti nella mostra al Museo Carlo Bilotti, ma si fanno sempre più rarefatti sulla tela via via che si procede verso i dipinti più recenti: non riprodotti fedelmente ma piuttosto suggeriti, o meglio evocati, sfumati dalla nebbia di un ricordo atto a ripiegarsi su se stesso, ma che sfugge ostinatamente all’oblio. Questa rappresentazione visiva rimanda al fenomeno naturale delle ombre – “declinanti”, appunto – che si allungano sul terreno e sugli oggetti man mano che al tramonto il sole cala all’orizzonte, quasi come se si adagiassero assieme a lui, e così facendo scandiscono il fluire incessante del tempo, flemmatico ma inesorabile.
Tuttavia, vi è nelle opere di Vincenzo Scolamiero un soffio leggiadro ma piacevolmente perturbante che “scompiglia” le tele rendendole vive, e dando all’osservatore la sensazione di ammirare scenari perennemente mutevoli, inafferrabili. Nulla è definitivo e niente è come sembra. Il presente non è che una baluginante promessa di futuro che in un attimo diviene memoria. Ogni cosa è sospinta da un vento che – come scrive il curatore della mostra, Gabriele Simongini – “è prima di tutto soffio e respiro interiore”.
Il vento è un’immagine poetica di grande valenza simbolica, e non a caso nelle Ricordanze di Leopardi esso reca con sé “il suon dell’ora”, divenendo quindi il simbolo dello scorrere del tempo e di ciò che tale fluire comporta (“l’eterno” cantato nell’Infinito). Claude Debussy affermava che il vento “passa e ci racconta le storie del mondo”, ed infatti il vento di Scolamiero ci racconta la sua storia, quella più intima fatta di ricordi, di sensazioni, di emozioni primigenie, che è poi in realtà specchio della storia dell’Uomo, del suo rapporto con il mondo circostante che ci risulta familiare e rassicurante nelle piccole cose, più che in quelle grandi e magnifiche. Si tratta delle “piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori” narrate da Banana Yoshimoto: non solo fiori, ma rametti, foglie, arbusti, fiori di cotone, tra i quali “si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive”.
Le tele di Vincenzo Scolamiero appaiono dunque quali fotogrammi di un cammino interiore, a volte malinconico e inquieto, come nelle tele dominate dai neri e dai grigi, o severo e rigoroso, quando connotato dalle ampie pennellate color ruggine, ed altre volte più lieve e gaio, fiducioso, illuminato dai rossi lacca e da morbide distese di oro. Sono piccoli universi perfetti e compiuti, che attraggono al primo sguardo per l’eleganza del tratto, per le tinte avvolgenti, per la tridimensionalità che ad esse conferisce la tecnica sapiente dell’artista, fatta di sovrapposizione di oli, pigmenti, inchiostri, acrilici: in breve, per quell’equilibratissima combinazione tra slancio creativo e controllo formale che da sempre è la cifra stilistica di Vincenzo Scolamiero. E ci vien voglia di inseguire, rincorrere in volo, quella danza aggraziata di fogli di carta, quel carosello di bianche pennellate che attraversa carezzandola la maggior parte delle sue tele, come pagine di una storia ancora da scrivere, che tra memoria ed esperienza, tra introspezione ed osservazione, si dipana davanti al nostro sguardo stupito … “in un giro di vento”.
Raffaella Salato